giovedì 5 gennaio 2012

Confronto tra MiniLab e Plotter fotografico.

Cosa scegliere quando si deve stampare la propria fotografia o la propria immagine? Cerchiamo di fare chiarezza.

Prima di tutto a questo link: http://www.drycreekphoto.com/icc/Profiles/California_profiles.htm è possibile scaricare i vari profili colore che descrivono il comportamento colorimetrico di alcuni MiniLab, tra cui il Frontier 590. Sullo stesso sito è possibile trovare alcuni profili creati per plotter. Il profilo di un dispositivo ci indica come questo dispositivo “si comporta” quando deve riprodurre i colori.

Ricordo brevemente che, analizzando un profilo con il software ColorThink PRO (vanno bene anche altri programmi) è possibile farsi un’idea dal punto di vista grafico e numerico dei “colori” che è in grado di riprodurre un dispositivo (sia esso monitor, stampante, scanner, macchina fotografica). Il gamut è quindi sostanzialmente il volume (mi perdonino i più esperti) che rappresenta i colori che un dispositivo può riprodurre.

Nel caso specifico delle stampanti il gamut dipende da innumerevoli fattori quali la carta usata, le impostazioni di stampa, gli inchiostri, le condizioni ambientali di stampa e così via.

Ho scelto di confrontare il Fujifilm Digital Minilab Frontier 590 usato con carta Fuji Crystal Archive Paper Glossy (la carta che garantisce il gamut maggiore tra quelle per cui sono disponibili profili online e che ho avuto modo di testare) e un plotter Epson 7900 con carta Hahnemuhle PhotoRag Baryta (anche qui una delle carte che garantisce il gamut più elevato).

Per questo confronto metteremo fianco a fianco due profili creati in modo “custom” tramite uno spettrofotometro Spectrolino, usato con tavolo di lettura SpectroScan.


Lo strumento è stato da poco mandato in Svizzera per una completa revisione. Pur disponendo di altro hardware più recente (tra cui un i1Pro REV D e un i1iSis XL) ho voluto usare lo Spectrolino perché mi è stato comunicato che è lo stesso hardware usato per creare il profilo del MiniLab oggetto di questa analisi. Il software usato per la creazione del profilo è il nuovo i1Profiler e la stampante è stata profilata come dispositivo RGB.

Andiamo quindi ad analizzare i dati. Prima di tutto un video di confronto che mostra i gamut delle due periferiche nello spazio colore L*a*b*. In rosso il gamut della Epson 7900. A colori il gamut del Frontier 590.


Come si vede il plotter è in grado di riprodurre un numero di colori nettamente superiore. A livello numerico il software ColorThink segna un volume di circa 979.000 contro 401.000. Il plotter è quindi in grado, teoricamente, di riprodurre “più del doppio dei colori” di quelli che riproduce il MiniLab.


Non c’è solo il numero di colori: altro parametro importante è il nero “più nero” che può essere riprodotto. Anche qui il plotter vince senza confronto: si passa da un valore L* di 10 per il MiniLab (i valori di luminanza vanno da un minimo di 0 che sarebbe nero “assoluto” ad un massimo di 100 che sarebbe bianco “assoluto”) ad un valore di L* di 4 per il plotter. Questo porta ad una possibile “compressione” dei toni più scuri della foto verso un nero-grigiastro, un effetto noto forse a qualche fotografo di teatro che ha provato a stampare le sue foto troppo sotto-esposte in un minilab (personalmente è stata l’esperienza che mi ha fatto orientare prima verso i plotter fotografici e poi verso la stampa casalinga). 

Si potrebbe obbiettare che esistono vari modelli di MiniLab e che quello scelto potrebbe non essere all’altezza. In realtà come si può vedere dallo screen di seguito i vari MiniLab si comportano tutti nello stesso modo per gli aspetti trattati in questo confronto:


Come si vede per il confronto è stato scelto uno dei MiniLab con le caratteristiche migliori del mercato.
Inoltre è opportuno notare che esistono plotter che hanno prestazioni molto più scarse di quello preso in oggetto ma anche plotter che hanno un gamut più elevato e un nero ancora più profondo (valori di L* sotto 3).

Passando da dati numerici e grafici ad impressioni visive raccomando a chiunque di valutare in prima persona prendendo delle stampe campione in mano. Le mie impressioni sono sostanzialmente una conferma dei numeri: le stampe da plotter appaiono più brillanti nei colori vivaci e chiari, hanno una quantità di colori che è semplicemente “superiore”. Inoltre la stampa da plotter generalmente risulta più “contrastata”, presentando un range dinamico superiore a quella del MiniLab. Molto dipende dal vostro file di partenza: una foto con pochi toni “accesi” potrà risultare molto simile, un alba o un tramonto con tanti colori chiari e sfumature apparirà nettamente diversa.

Ecco una simulazione tramite soft-proof di quello che succede stampando la foto su MiniLab e su Plotter:


Fondamentalmente la stampa con il MiniLab ci "toglie" dal cielo il rosso, il giallo e l’arancione "più intensi". Non è facile mostrare tramite un video cosa comporti un gamut minore in fase di stampa ma è sufficiente caricare in Photoshop i profili e fare qualche prova personale con la soft proof per avere un’idea di quanto sia importante avere una stampante “wide gamut” in certe situazioni.
Altra cosa che si nota facilmente nella softproof è il già accennato comportamento delle ombre (purtroppo non visibile nel video): fondamentalmente, pur usando la compensazione del punto del nero e provando i vari intenti di rendering, è spesso impossibile evitare che qualche dettaglio delle ombre vada perso se si stampa con il MiniLab.


Proviamo a dimostrarlo con una immagine di esempio. La softproof per l’immagine sulla sinistra è stata creata partendo dal profilo del MiniLab e quella sulla destra con il profilo del plotter fotografico. Le impostazioni sono BPC (compensazione punto del nero) attiva, rendering colorimetrico relativo, simulazione colore carta e inchiostro nero attive.


Si dovrebbe notare che l’immagine sulla sinistra, oltre a presentare dei colori leggermente alterati dovuti al colore “bluastro” della carta usata nei MiniLab, taglia via alcune ombre, in particolare sotto il collo dell’elefante. Questa foto è stata stampata da un minilab e tramite plotter fotografico e le differenze, osservando le stampe con una luce controllata, sono evidenti ancora di più che nello screenshot.

Ribadisco che è opportuno scaricare i profili dal link in alto e fare delle prove con la soft proof di Photoshop per rendersi conto in prima persona delle differenze che possono presentarsi con le due tecnologie di stampa. Sarebbe inoltre opportuno far stampare le proprie foto e valutare personalmente il risultato su carta (ricordandosi che è fondamentale scegliere una corretta sorgente luminosa per fare le valutazioni).


Per quanto concerne la “nitidezza” e la capacità di riprodurre correttamente colori uniformi e gradienti omogenei i plotter a getto di inchiostro (un tempo reputati carenti da questo punto di vista) hanno ben poco da invidiare ai MiniLab. In futuro è possibile che questo articolo venga completato da un secondo confronto relativo proprio a questa tematica. Posso anticipare che, osservando le stampe a distanze anche molto ravvicinate, è fondamentalmente impossibile vedere “il punto” che compone l’immagine.

Altro argomento interessante è la durata delle stampe. I plotter fotografici garantiscono ormai risultati stabili per anni ed anni (a volte sopra il secolo). Interessante l’analisi che si può trovare a questo indirizzo: http://www.wilhelm-research.com/epson/ESP7900.html  Nello stesso sito è possibile trovare informazioni relative a vari MiniLab.

Conclusioni

È noto che il MiniLab viene usato per contenere i costi su grandi volumi. Va benissimo per foto in “quantità”, ma se l’obiettivo è la qualità il suggerimento è ovviamente quello di rivolgersi ad un laboratorio che offra il plotter e una buona scelta di carte Fine Art.

Per l’utenza domestica esistono svariate soluzioni a costo sostenibile (sotto i 500 euro) in grado di garantire risultati in stampa superiori a quelli di qualsiasi MiniLab. I costi delle cartucce sono tuttavia elevati e usare inchiostri compatibili può abbassare di molto la qualità. Non è importante quale sia la vostra scelta, ma che la scelta sia consapevole. Il consiglio è, come già scritto, procedere con prove personali. Buone stampe a tutti!

martedì 4 ottobre 2011

A cosa mi dovrebbe servire un buon monitor? Non sono un professionista.

Avviso: quanto riprodotto di seguito rappresenta esclusivamente la personale opinione dell’autore. Si consiglia di verificare le informazioni scritte utilizzando fondi attendibili.

Come mi capita di scrivere nei forum spesso sono proprio gli "amatori" a volere un monitor di buona qualità, il professionista, per vari motivi, spesso non è interessato ad avere un monitor migliore di quello del Mac Book con schermo lucido di turno (scritto da utente del MacBook Air, di cui sono più che contento).

Personalmente sono molti più gli appassionati che conosco con monitor “di alta qualità” rispetto ai professionisti. Un professionista deve rendere contento il cliente ed evidentemente i clienti sono interessati ad altro.

Non credo dunque che sia una questione di “professionismo”. Quello che riscontro invece è una sorta di generale carenza della “cultura del colore”. C’è tanto interesse per la “nitidezza” di una lente (che personalmente mi interessa, ma non è certo l’unica cosa che valuto) e poco interesse per altri parametri che possono fare una differenza significativa nel modo in cui “godiamo” delle nostre immagini.

Fa strano leggere spesso commenti di persone che hanno più di diecimila euro tra fotocamera e lenti e usando il monitor del loro Mac Book o quello del portatile di turno considerandolo “adeguato per i loro usi amatoriali”.

Personalmente credo che chiunque passi del tempo a vedere le sue foto a monitor meriti (e si debba prendere) un buon monitor con cui godere di quello che la foto offre. Provate a fare un confronto tra “sfumature, colori, profondità del nero, corrispondenza con il file originale” tra un monitor “buono” ed quello lucido di portatili e fissi. Non è detto che tutti si rendano conto della differenza, per carità. Però io non rinuncerei mai  a fare le cose in modo “equilibrato”, dividendo il mio budget in modo appropriato tra lenti, fotocamere, computer, software e così via. Quanti realmente stampano? Per molti, da quello che so, la destinazione finale della foto è proprio il monitor. Mi chiedo dunque: perché non prendere un buon monitor (e un buon “calibratore”)?

Avete mai provato a confrontare i risultati che si ottengono visualizzando lo schermo su un buon monitor o su un monitor mediocre?




Ho fatto più di qualche prova, anche con gli strumenti che vedete qui sopra ed altri (tutti atti a “misurare i colori”) e ho avuto anche alcuni dati strumentali che confermano quello che già i miei occhi mi avevano detto. Il monitor di un portatile non è proprio lo strumento ideale per visualizzare  al meglio i nostri file.
Personalmente sono molti più gli appassionati che conosco con monitor “di alta qualità” rispetto ai professionisti. Un professionista deve rendere contento il cliente ed evidentemente i clienti sono interessati ad altro.

C’è n’è per tutti i gusti e tutte le tasche. Si parte dai 200 euro circa per un monitor dotato di pannello IPS e un sistema di retroilluminazione decente, passando per la fascia dei circa 500 euro dove si iniziano a vedere i primi monitor wide-gamut (quindi in grado di riprodurre “un numero maggiore di colori) fino ad arrivare ai monitor da 1000 euro circa, che hanno particolari possibilità di regolazione e un “uniformità” maggiore in termini di “retroilluminazione” e “cromaticità”. Si arriva poi ai prodotti ancora più costosi, che rappresentano il vertice della tecnologia attuale, anche se generalmente sono ancora lontani dalla perfezione.

Una nota finale: come accennato oltre al monitor è necessario dotarsi di un “calibratore” ovvero di uno strumento, spettrofotometro o, più generalmente,  colorimetro. Questo strumento dovrà essere collegato al computer e appoggiato sul monitor. Tramite un apposito software il nostro colorimetro leggerà una serie di “campioni colore” che verranno riprodotti dal monitor e si assicurerà che tutto “fili liscio”. Attenzione: l’occhio umano da solo non è uno strumento “affidabile” perché tende ad “adattarsi” in fretta. Il colorimetro (o lo spettrofotometro) serve su tutti i monitor, da 200 a 5000 euro.